un pensiero al mese


Le religioni che chiamiamo false erano una volta vere.(Ralph Waldo Emerson)



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lunedì 29 marzo 2010

Roseto e l’interminabile storia della Riserva naturale Borsacchio

Capitolo 2: Giuseppe Devincenzi, la casa verde, la villa, la Cantina e il parco a mare
Tra le poche costruzioni che mutarono l’aspetto del tratto di costa, che va da Cologna spiaggia al torrente Borsacchio, sono degne di menzione la casa Mataloni, la villa Devincenzi e la Cantina.
La prima, mitica “casa verde”, per noi ragazzi rappresentava la frontiera, l’ultimo fortino prima dell’ignoto. E mentre oggi le mareggiate la circondano completamente, gli anziani raccontavano che lì davanti, dove il mare ha eroso i terreni per più di 50 metri, si estendevano rigogliosi vigneti. La villa, l’attigua Cantina (con la famosa botte da 1000 ettolitri) e il parco a mare ci ricordano il senatore Giuseppe Devincenzi, agronomo versatile, patriota e uomo politico, che operò unitamente a Silvio Spaventa, Camillo Benso conte di Cavour e Marco Minghetti, e fu più volte ministro durante il regno di Vittorio Emanuele II. Avendolo nominato, non posso adesso esimermi dal tracciare un sintetico profilo di questo poliedrico personaggio.
Giuseppe Devincenzi (1814-1903), nato a Notaresco in una famiglia borghese con vasti possedimenti dalla Marina di Montepagano alle colline teramane, studiò prima a Teramo e poi all’Università di Napoli. Seguì la scuola di lettere dello scrittore purista Basilio Puoti ed ebbe come compagni di studio Luigi Settembrini e Francesco De Sanctis. Attratto dall’Agronomia, intervenne ai Congressi scientifici di Milano e Napoli e fu chiamato a far parte dell’ Accademia delle Scienze.
Nel 1848, eletto deputato e Segretario del Parlamento napoletano, manifestò idee liberali e fu uno dei firmatari della protesta per lo sgombero forzato della sede istituzionale di Monteoliveto, durante i sanguinosi moti popolari del 15 e 16 maggio contro il re Ferdinando II di Borbone.
Condannato dalla Corte criminale a 24 anni di ferri duri, andò esule in Francia, e poi in Inghilterra, dove conobbe e frequentò tre grandi uomini politici menzionati nell’Enciclopedia Europea: William Ewart Gladstone, Henry John Temple Palmerston e John Russel .
Tornò in Patria dopo 12 anni e collaborò attivamente con Cavour all’impresa napoletana. Portò la Commissione Abruzzese ad Ancona da Vittorio Emanuele II e accompagnò il re all’incontro di Teano con Giuseppe Garibaldi, facendo gli onori di casa quando, il 16 ottobre 1860, il corteo reale passò sotto l’arco di trionfo eretto vicino alla sua villa. Successivamente, a Napoli, durante la Luogotenenza Farini, gli fu assegnato il dicastero dell’Agricoltura, e poi quello dei Lavori Pubblici.
Eletto deputato nel 1861, fu Ministro dei Lavori Pubblici nel 1867 e dal 1871 al 1873.
Nominato Colonnello dello Stato Maggiore di Vittorio Emanuele II e Commissario Generale per l’Italia all’Esposizione Internazionale di Londra nel 1862, fu in seguito il fondatore e patrono del Regio Museo Industriale Italiano di Torino, organizzò il trasferimento dello Stato Sabaudo da Firenze a Roma nel 1871 e diede un forte impulso alla viabilità ed alla bonifica delle zone paludose.
Da senatore, e poi da Ministro, iniziò a progettare una ferrovia che dalla Marina di Montepagano doveva raggiungere L’Aquila e Roma attraverso la vallata del Vomano, ma la netta opposizione di un altro parlamentare, Franceso Sebastiani di Montorio al Vomano, che era invece favorevole alla costruzione della Giulianova-Teramo-L’Aquila-Roma, lo indusse ad accantonare il suo progetto.
Di vasta cultura filosofica ed umanistica, la sua prima scienza fu però quella dei campi e scrisse diverse opere finalizzate al miglioramento dell’agricoltura. Politicamente Giuseppe Devincenzi si schierò con la Destra storica: seguace ed amico di Cavour e di Minghetti, ebbe come competitori nei Collegi di elezione il medico-patriota Ciro Romualdi e Giuseppe Garibaldi.
Nel 1873, in seguito ad un voto di sfiducia della Camera durante il dibattito sulla nuova linea ferrata Roma-Gaeta-Napoli, rassegnò le dimissioni da Ministro e si ritirò a vita privata, anche per seguire da vicino la nipote Maddalena, rimasta orfana nel 1872 dopo la morte del padre Giovanni, già sindaco di Notaresco e fratello del senatore.
Come agronomo, e facendo tesoro dell’esperienza acquisita in Francia ed Inghilterra, applicò nei suoi poderi l’aratura meccanica a forza idraulica, introdusse la coltura dell’erba sulla da sovescio, costruì le prime bigattiere per la bachicoltura e realizzò la Cantina (stabilimento enologico tipicamente francese) ed altre innovazioni che rivelano la sua genialità.
Dietro la villa Devincenzi, chiamata poi Mazzarosa in quanto la nipote sposò il marchese Antonio Mazzarosa di Lucca, fa ancora bella mostra di sé un altro importante cimelio, il casello ferroviario che fungeva da stazione per consentire al ministro un più facile e veloce collegamento con le sedi istituzionali e governative. E bene ha fatto il Comitato pro-Riserva Borsacchio, durante gli incontri per il “Piano d’area della media e bassa Valle del Tordino”, a chiedere il ripristino di quel casello.
C’è infatti un treno che sembra fatto apposta per fermarsi davanti a quella “stazione storica”: il Treno della Valle, colorato, allegro e vacanziero, che collega, nel periodo primavera-estate, l’Adriatico alla Valle del Sangro, e che porta turisti e scolaresche a visitare ed ammirare un campionario inestimabile di paesaggi abruzzesi (costieri, collinari, lacustri, boschivi e montani).
E una fermata nel cuore della Riserva naturale Borsacchio potrebbe rendere ancor più mirabile la stupenda vetrina inserita nel percorso ecoturistico.
Riguardo poi alle peculiarità del parco a mare Devincenzi, ridenominato anch’esso Mazzarosa e antesignano della Riserva naturale Borsacchio, così si è espresso il professor Giovanni Pacioni: “ E’ l’unico ambiente costiero della Regione Abruzzo con la serie di vegetazione psammofila, dalla duna pioniera ad un retroduna consolidato con preziosi endemismi vegetali, anche secolari, di Leccio (Quercus ilex) e Pino d’Aleppo (Pinus halepensis). All’interno della superficie non ancora devastata sono state rilevate ben cinque specie di notevole importanza fitogeografica per l’estrema rarefazione lungo la costa dell’intero Adriatico italiano: il “giglio di mare” (Pancratium maritimum), la splendida Calystegia soldanella, Polygonum maritimum, Verbascum niveum garganicum e Iris fetidissima. Tra gli animali presenti stabilmente si annoverano diversi mammiferi roditori ed insettivori e sono molti gli uccelli nidificanti, fra i quali il Fratino, protetto dalla Direttiva 79/409 dell’Unione Europea. Pur nelle ridotte dimensioni l’area rappresenta una importantissima riserva di biodiversità, unico ed ultimo rifugio per numerose specie vegetali, animali e fungine”.
In una ricerca commissionata dal Comune di Roseto al prof. Gianfranco Pirone, autore di oltre 50 lavori scientifici, le conclusioni sull’area Cologna-Borsacchio, riportate nel n. 1/2005 della prestigiosa rivista “Micologia e vegetazione mediterranea”, sono le seguenti: “Si sottolinea la presenza di elementi floristici di particolare importanza fitogeografica in relazione alla loro rarità e, tra i popolamenti vegetali, quelli meritevoli di attenzione sono: nucleo di pineta e viale di lecci a Villa Mazzarosa, frammenti di olmo-frassino e di pioppo bianco lungo il torrente Borsacchio, nuclei e filari di roverella della fascia collinare, vegetazione delle sabbie litoranee, ecc… Tutti questi ambienti dovrebbero essere scrupolosamente conservati, anche come serbatoi di germoplasma per futuri, auspicabili interventi di rinaturazione di alvei e altri habitat del territorio comunale”.
Depositati nella villa Mazzarosa dovrebbero esserci i verbali degli interventi di Giuseppe Devincenzi in Parlamento, i manoscritti ed il carteggio intercorso con Puoti, De Sanctis, Settembrini, Spaventa, Gladstone, Cavour, Minghetti, ecc.., ma finora, tutte le richieste per prenderne visione sono state sempre eluse o respinte.
Tale ingiustificabile comportamento, specie a distanza di oltre 100 anni dalla morte del Senatore, chiama in causa le Amministrazioni comunali che si sono succedute nel tempo, in quanto non hanno mai usato la moral suasion per indurre gli eredi Mazzarosa, che tutto hanno avuto e nulla hanno dato, a mettere a disposizione degli studiosi la documentazione d’interesse pubblico.
Ed è naturale che anche altre fonti battano sullo stesso tasto, come Mario Giunco il 5.12.2009 su Eidos e Arnaldo Giunco che, su Piccola Città n. 10/2000, auspicava per “la consultazione e lo studio dei manoscritti e del voluminoso carteggio, tuttora inesplorato,…..la creazione di una fondazione che rechi il nome del Senatore Devincenzi per perpetuarne il ricordo, com’è nei voti di tutti”.
Spetta adesso ai Sindaci di Roseto e di Notaresco attuare interventi risolutivi al fine di far conoscere alla comunità teramana uno dei protagonisti della nascita e dell’infanzia di un’Italia libera e indivisibile. Riguardo poi alle responsabilità ambientali degli eredi Mazzarosa, e degli altri rami (Cenami, Mac Neil e Placidi), se ne parlerà, ampiamente, nel 6° capitolo .
Franco Sbrolla

mercoledì 17 marzo 2010

Un Piano Regolatore confezionato nelle stanze del potere


Avremmo voluto che a Roseto degli Abruzzi fosse avviato un processo di partecipazione per la costruzione del Piano Regolatore Generale,seguendo le buone pratiche di altri comuni,creando tavoli di lavoro con i cittadini,organizzando laboratori progettuali ed elaborando proposte da affidare agli urbanisti.Invece il PD ha fornito un'ennesima prova di insolente autarchia,segno di miopia politica della locale classe dirigente.

lunedì 1 marzo 2010

A Roseto una storia infinita (la Riserva naturale Borsacchio)






di FRANCO SBROLLA


Capitolo 1: Considerazioni ed avvenimenti storici nell’area Tordino - Vomano

Con l’approvazione della legge n. 6 dell’8 febbraio 2005, veniva istituita dalla Regione Abruzzo la “Riserva naturale regionale guidata Borsacchio”, e sembrava chiudersi definitivamente una telenovela che aveva fatto scorrere fiumi d’inchiostro.
Come tutti sanno non è andata così, e allora, per offrire un ampio resoconto di fatti e misfatti che, altrimenti, svanirebbero nell’oblio, mi accingo a raccontare una storia che parte da lontano e che arriva, per il momento, fino all’inizio dell’anno 2010.
A corredo della narrazione, mi sono avvalso di documenti depositati presso l’Archivio di Stato di Teramo, di tantissimi articoli apparsi sulla stampa locale e nazionale, di servizi fotografici inediti e di riprese televisive, di manifesti e di relazioni dei vari convegni, di manoscritti e libri introvabili in quanto fuori commercio, di sentenze del T.A.R. e del Consiglio di Stato, di dichiarazioni solennemente sottoscritte e subito dopo rinnegate, di leggi dello Stato e della Regione Abruzzo, di decreti, delibere, o.d.g., verbali e ordinanze ministeriali, regionali, provinciali e comunali, ecc…
Da rosetano di origine controllata, ho ritenuto doveroso sollevare il velo sulle strategie delle lobby politiche ed economiche che, negli ultimi cinquant’anni, hanno avuto, come obiettivo, la cementificazione dell’area Cologna - Borsacchio, già protetta con la “Dichiarazione di notevole interesse pubblico” e con i Decreti ministeriali del 1963 e del 1969.
Ma questa è anche la storia della nostra gente, che ha voluto, e continua a volere la conservazione dei beni storici, artistici e paesaggistici, ereditati dai nostri avi con vincolo generazionale, e di certi personaggi che, nonostante le apparenze, hanno dimostrato, e continuano a dimostrare di essere dei veri mercanti e farisei (e se Cristo tornasse sulla terra li scaccerebbe nuovamente dal tempio).
Questa storia infinita, sintesi di così vasta ricerca, ho voluto dedicarla, con affetto e nostalgia, alla memoria di un amico fraterno, Fernando Di Marcoberardino, missionario dell’ambiente, che il Gran Sasso chiamò alla sua corte il 17 agosto 2002.
Occorre, però, procedere con ordine ed iniziare dai primi anni del 1800.
In quel periodo, l’area compresa tra il fiume Vomano ed il torrente Borsacchio era amministrata dall’università di Montepagano, mentre la zona più a nord, dal Borsacchio al fiume Tordino, era governata dall’università di Giulia nuova.
Con varie leggi emanate nel 1806, e con quella del 24 gennaio 1807, la Riforma Amministrativa promossa dal re di Napoli Giuseppe Bonaparte, fratello del più famoso Napoleone, assegnava all’università di Montepagano l’intera area Tordino – Borsacchio, allo scopo di favorire una migliore distribuzione territoriale.
Ne seguirono, da parte dei giuliesi che si sentivano pesantemente danneggiati, diversi ricorsi portati avanti fino al termine del cosiddetto “decennio francese” (1806 – 1815).
E per ben comprendere il clima dell’epoca, ho riportato, qui di seguito, una parte della supplica ricevuta dal re il 6 gennaio 1808, a firma del sindaco Giuseppe Costantini: “L’università di Giulianova in provincia di Apruzzo ultra, prostrata a Reali piedi della Maestà Vostra umilmente le rappresenta che nella situazione de’ Regi Governi del Regno si è forse inavertentemente (sic) recato alla supplicante un danno gravissimo che con facilità ovviar si puote e si deve…
Nell’enunciata nuova situazione della giurisdizione de’ Governi del Regno si è segregata Cologna dalla supplicante, ed unita alla convicina Terra di che si distingue col nome di Montepagano, malgrado che sapeasi, e si sa che il Generale Catasto d’ordine del passato Governo, fabricatosi e poi publicatosi, comprende e la supplicante e Cologna, ch’è lo stesso dire, che amedue i detti luoghi compongono una Università, per cui l’uno non puol’ essere disgiunto dall’altro, e quando si potesse disgiungere tra l’altro sarebbe indispensabile la minorazione de’ fuochi, e che i territori tutti addetti al pascolo degli animali rimanessero communi fra la supplicante e Cologna. Ma per tenere da lungi le contese che sopravverrebbero premessa la detta segregazione ed i rispettivi irreparabili danni che ne sorgerebbero, la M. V. si ha da benignare di non approvare la detta segregazione vieppiunchè avendo formato da tempo immemorabile sin’ora la supplicante colla detta sua Villa Cologna un solo Catasto ed un solo terreno, il separarlo, viene ad importare una restrizione tale di territorio che Giulia a paragone della sua Villa abbia meno di estenzione (sic) di suolo, ed il peso de’ pesi communali (sic) sia in maniera ristretto da rendersi lieve per la villa e gravosissimo per la supplicante, la quale supplica la vostra R. Clemenza di rimettere le cose nel primiero stato. Ut Deus. Giuseppe Costantini sindaco supplica come sopra”.
La stessa supplica venne riproposta, dopo pochi giorni, dal secondo eletto facente funzioni di sindaco, Vincenzo Bindi. E’ quanto si evince dalla data di ricezione, 22 gennaio 1808.
Ciononostante, le scelte compiute in quegli anni non furono più cambiate e la fascia costiera dell’area Tordino - Borsacchio entrò a far parte della già esistente Marina di Montepagano.
Per quanto concerne l’assetto territoriale di Giulianova e di Cologna nel periodo antecedente il 1800, il vescovo aprutino monsignor Giulio Ricci così scriveva nell’anno 1590: “Giulia nuova è posta sopra il lito del Mare con poca distantia, ed è posseduta dall’Illustrissima ed Eccellentissima Casa d’Acquaviva d’Atri, con titolo di conte, et non ha altra Villa, che Cologna, vicina al mare, tutta abitata in pagliari da Schiavoni, che nascendo ivi hanno la lingua nativa, et Italiana”.
Con il termine Schiavoni erano indicati gli slavi provenienti dalle coste orientali dell’Adriatico.
Riguardo poi al passato remoto dell’area Tordino – Vomano, il ritrovamento dello splendido elmo a fasce, del tipo Bandenhein, avvenuto nei pressi di Montepagano nel 1896, e la forte presenza di presidi goti tra Abruzzo e Marche, inducono a ritenere, come ha scritto la prof.ssa Luisa Franchi dell’Orto, che la guerra con i Bizantini (535 - 553) si svolse anche nel nostro territorio.
I Goti, popolazione germanica, erano suddivisi in due rami, ostrogoti e visigoti. Gli Ostrogoti, dopo aver varcato le Alpi nel 489, occuparono tutta l’Italia e nel 535 cominciarono a scontrarsi con gli eserciti dell’imperatore Giustiniano, comandati dai generali Belisario e Narsete.
Come racconta lo storiografo Procopio di Cesarea, testimone oculare in quanto consigliere di Belisario, nel 537 i bizantini, dopo aver conquistato Roma e oltrepassato l’Appennino, devastarono il territorio dell’attuale Alba Adriatica e, nel 538, dilagarono nel Piceno occupando, a nord Ancona e Rimini, e a sud Pescara e Ortona.
Altre fonti hanno tramandato che una delle cause della definitiva disfatta dei goti nel 553 (battaglia dei Monti Lattari in Campania), fu il divieto che essi avevano imposto al matrimonio con i romano-italici, per cui non poterono opporsi ai bizantini in blocco compatto con le popolazioni dei luoghi occupati. Scomparvero così dalla storia italiana lasciando poche tracce.
Quell’armatura, i manufatti di bronzo e rame ed i resti ossei equini, recuperati nel nostro territorio in un vero e proprio ripostiglio, sono, verosimilmente, da attribuire ad un cavaliere goto che dovette abbandonare tutto per sfuggire alle schiere bizantine.
L’elmo ostrogoto di Montepagano, impreziosito da una decorazione figurata con motivi di origine germanica quali l’aquila, simboli cristiani, tralci di vite e archi sorretti da colonne, è tuttora conservato, ed esposto al pubblico, presso il Museum for Deutsche Geschichte di Berlino.
E la prossima ricorrenza del 22 maggio 2010, 150° compleanno della nostra Città, potrebbe essere una buona occasione per indurre l’Amministrazione comunale ad impegnarsi fattivamente per riportare a Roseto, almeno in visione, quell’interessante cimelio connesso ad un’epoca storica in cui i nostri antenati italico-piceni subirono le conseguenze della lunga guerra tra goti e bizantini.
Infatti, ai disastri militari seguì una tremenda carestia e, come ha scritto Procopio: “Nel Piceno dicesi che non meno di 50.000 contadini morirono di fame”.
Nella nostra provincia, testimonianze della presenza ostrogota sono state rinvenute, oltre a Montepagano, a Civitella del Tronto e a Colle Amaro di Campli, a dimostrazione che anche nell’Abruzzo teramano si verificarono scontri, saccheggi e distruzioni.